Day 3


Mi sveglia una bastonata in faccia, è Otzi che si lamenta del freddo.

I -20 gradi -del mattino ci regalano un risveglio croccante, ma il tè allo zenzero risolve tutto. Anche le finestre lasciate aperte per tutta la notte.
Spaliamo il metro di neve caduto anche stanotte e notiamo con piacere che lo spalaneve ammucchia ogni mattina il suo carico sulla parete di casa nostra. L’appartamento è al terzo piano, il cumulo di neve ora arriva al secondo. Speriamo scelga un altro bersaglio altrimenti prima della fine dell’era glaciale non potremo tornare a casa.
Ci dirigiamo verso Lyngseidet con un costosissimo traghetto, a bordo possiamo godere di una costosissima colazione.

barra a dritta!

Appena arrivati rimettiamo in moto l’auto e facciamo rotta verso la parte alta del paese da dove parte il tour. 

Attraversiamo un simpatico campo innevato dove decine di batuffoli colorati scivolano, cadono e si rincorrono sotto lo sguardo premuroso dei papà e delle mamme che li osservano al caldo delle loro Tesla.
Ebbene si, la macchina del norvegese medio è il Model S.
Poi scopriamo che il tizio che serve il caffè sul traghetto guadagna più di noi due messi insieme, e ci è chiaro perchè nonostante il gelo, l’isolamento, la solitudine ed il death metal la gente continui a vivere in questo posto.

dov'è Jason?

Pelliamo le split e partiamo alla volta dello Kavringtinden, monte alto 1285 metri che sovrasta il fiordo.
Il paesaggio è leggermente diverso, aperto fin da subito, ci lasciamo i boschi alle spalle dopo i primi 200 metri di ascesa.
Arrivati a 750 metri di altitudine la parete del monte dovrebbe stagliarsi più ripida ed i ramponi sarebbero d’obbligo, se solo anche questa montagna non avesse cominciato a soffiarci addosso raffiche a 250kmh.

i giorni di sole ah che belli

Deve essere amica della montagna di ieri.
Il vento è fortissimo e non riusciamo nemmeno a togliere le pelli, mi sfilo lo zaino airbag che con scorte ed attrezzatura peserà circa 15 kg e lo vedo volare via come una cartaccia in un pic nic.

Lo inseguo ed un’altra folata mi butta a terra appena lo raggiungo.

Mi chiedo perchè in Norvegia lo sport nazionale non sia la barca a vela, poi guardo il mare congelato e mi rendo conto della mia stupidità.
Decidiamo saggiamento di cercare un riparo in un raro momento di tregua, da qui riusciamo a ricomporre le tavole e ripartire lasciandoci alle spalle il grosso del maltempo.
A quota più bassa il cielo si apre di nuovo regalandoci un’altra magnifica vista sul fiordo.
La neve torna polverosa e non spazzata dal vento, due curve in un boschetto da sogno e siano di nuovo a quota mare.

la powder

Purtroppo l’avventura è anche questo, trovare condizioni avverse e dover decidere di rientrare prima della meta.
Arriviamo a casa ed un tè allo zenzero ci culla nel relax del tardo pomeriggio, un altro check all’attrezzatura, cuciniamo patate e salmone e ci addormentiamo cullati dal rumore delle onde che ingrossano nel vento della sera.
Evvai, domani altra tempesta.


Day 4


Lo schema del risveglio è ormai il solito. Caffè lungo, spalare intorno alla macchina, cacciare tutto nel baule e via sulle strade ghiacciate.
Abbiamo scoperto che l’auto noleggiata ha il riscaldamento controllabile dall’app, libidine.
Stamattina proviamo un itinerario del quale abbiamo trovato poche notizie, qualche chilometro più verso la bocca del fiordo.
Ottima idea andare alla cieca in una terra desolata, dove i soccorsi parlano la lingua delle otarie ed il meteo è meno stabile di Asia Argento.
Il nome del monte sembra essere Sondre Kagtinden ed è situato su un’isoletta collegata tramite un ponte, ma nonostante i vari tentativi di approccio non riusciamo a capire da dove iniziare la scalata.
Incontriamo un ragazzo che corre anche se fuori ci sono -15, lo importuniamo ottenendo qualche informazione su un punto di partenza che dovrebbe essere segnalato.
Iniziamo la scalata e dopo la tempesta della notte molta neve è stata portata via dal vento, trattandosi di un monte solitario l’esposizione alla furia degli elementi è totale.

su verso le nuvole

Saliamo con calma e senza difficoltà visto che la neve è bella battuta, dall’alto il panorama è meraviglioso. Sarà che è la prima volta che non veniamo spazzati via dalla bufera.
La discesa non è nulla di che, la pendenza prima è molto elevata e bruciamo in poche curve molto dislivello ed il bosco sotto sembra quasi terrazzato, con ampi tratti in piano e brevi scalini che ti buttano sul pianetto sottostante, sembra di essere in liguria a surfare tra gli ulivi. 

Però il panorama dall’alto ha ripagato abbondantemente le fatiche della giornata.
Rientriamo felici mentre il tempo si guasta di nuovo, costringendoci a ricalcolare l’itinerario per domani.

simo congelato

In pratica dovremo restare in casa dato che uscire significherebbe nel caso migliore morire congelati, nel caso peggiore risvegliarsi nel banco frigo del supermercato di fianco ai merluzzi.
Nel frattempo vediamo che le nevicate si spostano verso le isole Lofoten, qualche ora ad Ovest rispetto alla nostra posizione, e passiamo la serata a pianificare un trasferimento da quelle parti.

Ci accorgiamo che la penisola scandinava è chiaramente un pene, altrimenti non avrebbe motivo di chiamarsi penisola.

da lyngen alle lofoten

One Punch Man, tè verde e poi a nanna. Ah che emozione le serate norvegesi.

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