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CENNI STORICI

L'aria pungente di un'alba del Marzo del 1559 penetra nelle narici di un manipolo di soldati appostati in una piccola valle, mentre il sole riflette timidamente sulla neve i primi raggi svegliando i cavalli.
Quel lembo di terra è l'ultimo baluardo di quella che ora chiameremmo Estonia, piccolo stato indipendente preso di mira dal potente esercito di Svezia che da anni mira alla riunificazione dell'area.
l'esercito è schierato in una valle incastonata tra cime più alte, dove la neve non scioglie mai del tutto. Perfetta, nella sua posizione ad imbuto, per tenere duro anche di fronte ad eserciti molto superiori per numero.
I soldati locali, avvisati dagli informatori, sono sapientemente disposti a protezione del passaggio ben consci che il nemico è in avvicinamento.
Già la tensione accappona la pelle dei più giovani, provati da una fredda notte nel campo e non ancora avvezzi alla guerra.
D'un tratto un suono metallico cadenzato, come una marcia, si spande nella valle e sovrasta i respiri ed il chiacchiericcio.
I ranghi si serrano. <gli ufficiali mandano un ricognitore in ispezione, ma ancora prima che abbia sellato il cavallo i primi elmi Svedesi lampeggiano nell'alba riflettendo numerosi il sole, come un mare calmo al mattino.
Non c'è spazio per dialoghi o trattative. E' invasione, e difesa.
Brama di conquista e volontà di donare salvezza alle proprie famiglie, fuggite dai paesi prossimi al valico fin giù nelle prime città.

Gli eserciti cozzano fragorosamente nelle prime ore del mattino tra lampi metallici e calore di viscere, consegnando le prime grida al cielo ed i primi morti al terreno.
Gli Estoni tengono l'urto, piano piano avanzano.
Le loro cariche di cavalleria ben orchestrate costringono l'esercito Svedese a ripiegare, distaccano un'intera ala di fanti, riducono unità e morale degli invasori. La speranza si accende tra i difensori che, animati da una nuova foga, si lanciano nel secondo assalto.
Ad un tratto un corno fende l'aria come il grido di un messaggero infernale.
Subito gli sguardi di tutti si voltano cercando spasmodicamente di individuare il pericolo che è la, sulla cornice di montagne.
Centinaia di soldati svedesi sugli sci varcano all'unisono le creste pronti a lanciarsi sull'esercito difensore già duramente provato.
Gli svedesi, muniti di sci e pelli, hanno lentamente risalito i versanti posteriori portandos in posizione favorevole.
 Una tattica mai provata che coglie tutti di sorpresa.
Sollevando una nuvola bianca i fanti planano dai pendii alla piana, conficcandosi da tutti i lati, come pugnali roventi, nei fianchi dell'esercito Estone.
La resistenza è in breve fiaccata.
L'Estonia, assediata ed indebolita, si arrende incondizionatamente.
Quella svedese è una vittoria totale, grazie anche alla scommessa di schierare qualche centinaio di soldati sciatori che nel corso delle guerre successive arriveranno ad oltre 4000 membri attivi.

Il freeride fino ai tempi moderni

Ebbene, prima che inventassero gli impianti permettendo al tuo flaccido culone di arrivare in montagna gli sci erano strumento di vita, o di morte. Numerosissime popolazioni nordiche li utilizzavano per spostarsi, cacciare e combattere, e poi per esplorare. Già nei primi anni del '900 si realizzano le prime salite con gli sci dotati di pelli di foca, vengono prese le prime cime, fino alla grande traversata delle alpi compiuta da Bonatti e Detassis in 65 giorni, nel 1956. Poi, negli anni '60, qualcuno si inventa lo snowboard. In breve nascono le prime splitboard, permettendo agli snowboarder di raggiungere vette solitarie ed inesplorate.
E' nato il Backcountry freeride.
Se nel corso dei secoli muoversi rapidamente sulla neve era questione di sopravvivenza ora è solo un fatto di divertimento. L'emozione di raggiungere luoghi incontaminati, allontanarsi dalla folla e dai paesaggi urbanizzati, anche a costo di rinunciare a qualche comfort.
Ma tanto tu guardi Ciao Darwin, cosa vuoi capirne.

Preparazione

L'approccio al backcountry freeride necessita sicuramente di un ottimo livello di conduzione in neve fresca, dato che i percorsi non saranno preparati e le condizioni della neve potranno variare tantissimo a seconda del momento della giornata e del meteo. Insomma, se sei uno di quelli che 'la mia tavola non tiene sul ghiaccio' lascia perdere e fatti un giro di maestro. Sicuramente anche la preparazione fisica deve essere di buon livello.
Non ci saranno comode seggiovie ed impianti, nessuna baita a scaldarvi le zampe se siete cotti, ed arrivare in cima stremati significa nel migliore dei casi non godersi la discesa. Insomma, si pratica con lo snowboard ma non c'entra nulla con quello che fate alla domenica tra una grappa e l'altra.
Vi starete domandando il perchè di tutto questo masochismo allora, ed è una domanda perfettamente legittima.
Avrete il privilegio di passare in valli che non vedono esseri umani da mesi, conquistare vette con panorami incredibili completamente con le vostre forze, solcare le nevi migliori appena cadute con la certezza di avere sempre la prima traccia. Per molti queste emozioni bastano a giustificare ampiamente spesa, sacrifici, sveglie alle 4, freddo e fatica. Per tutti gli altri c'è Domenica In.

ATTREZZATURA

Con una mega deduzione Sherlockiana avrete capito che ora vi serve una splitboard.

La tavola splitboard

La splitboard è quella tavola tagliata a metà che vi consente di risalire se munita di pelli di foca. Avrà un pattern di boccolature diverso dalle tavole classiche. Sarà quasi obbligatoriamente direzionata, con ampio rocker in punta.
Non sottovalutate il camber in zona centrale, soprattutto in salita aiuta parecchio.
Più soldi scucite più sarà leggera e performante, ma non ha senso prendere una tavola 100gr più leggera se ieri sera avete mangiato tre porzioni di tortelli.
Molte tavole sono vendute con pelli abbinate, che hanno sistemi di attacco proprietari. La semplicità nel mettere e togliere le pelli è ottima in questo caso.

Gli attacchi da splitboard

Gli attacchi sono costruiti apposta per fissarsi alla tavola come quelli classici, con la possibilità di essere montati in modalità basculante su ciascuno sci per la fase di risalita. E' importante che siano estremamente rigidi (sono quelli che fanno il grosso del lavoro rendendo la tavola 'un pezzo unico' in discesa) e che abbiano un sistema di passaggio da salita a discesa e vice versa rapido e resistente al ghiaccio. Le interfacce con la tavola saranno slitte in plastica o alluminio, che permettono agli attacchi di incastrarsi sfruttando la base a carrello oppure i perni proprietari. Per il resto funzionano esattamente come gli attacchi normali.

Gli scarponi da splitboard

Lo scarpone da backcountry ha solitamente un flex molto più sostenuto rispetto agli scarponi standard. Dovrà essere preciso e responsivo in situazioni al limite, e soprattutto offrire un bel supporto in salita. Molti hanno anche interfacce di aggancio automatico con i ramponi, in modo da agevolare il passaggio quando le superfici diventano eccezionalmente ghiacciate e ripide. Alcuni hanno sistemi che consentono di dare più mobilità alla caviglia per la risalita. Questo naturalmente riduce la rigidità complessiva, e diventa questione di preferenza personale preferire un feeling più libero oppure una solidità maggiore.

L'abbigliamento da splitboard

E' vitale avere abbigliamento altamente traspirante e di alta qualità. Ci suderete dentro come capre, e trovarsi a 3000 metri con lo yeti inzuppati come biscotti è un'esperienza che non auguro a nessuno. Quindi assolutamente benvenuti giacche e pantaloni a guscio, con impermeabilità e soprattutto traspirabilità altissime. Servono termiche intime di alta qualità, puntando particolarmente sul rapporto tra calore e traspirazione.
Come strato intermedio un pile tecnico è perfetto, mentre un piumino 100gr che si ripieghi in pochissimo spazio salva le chiappe quando le temperature scendono di colpo. Sono necessari due guanti diversi, più sottili per la salita (tipo sottoguanto) e belli imbottiti per la discesa. Il casco è super consigliato (se non obbligatorio, come sempre), ed una maschera con lenti da sole e da nebbia sempre pronte è vitale per far fronte ai cambiamenti climatici che si possono trovare in montagna. 

Attrezzatura da splitboard aggiuntiva

Sicuramente uno zaino è fondamentale per avere a portata di mano piumino, cambi, cibo, acqua, aggeggi per il primo soccorso, per riporre le racchette ed i ramponi quando non vengono usati e per assicurare la tavola quando si deve procedere su terreni che obbligano ad avanzare a piedi. Alcuni zaini hanno un airbag integrato che consente di galleggiare sopra le valanghe (se hai culo).
Questi zaini hanno un costo notevole ed il sistema airbag occupa molto spazio riducendo la capacità effettiva dello zaino stesso, aggiungiamo che se ti trovi in una valanga le speranze di salvezza sono poche ed il miglior modo per scamparla è valutare bene le condizioni evitando di staccarne una.
Ramponi e piccozza sono ottimi alleati se hai intenzione di attaccare qualche parete più ripida o sai che le condizioni faranno trovare tratti ghiacciati.

Artva, pala e sonda

Fondamentali come il premium di PornHub, vitali come l'omogenizzato Mellin, indispensabili come il dopo partita con Mughini questi tre oggetti devono essere presenti nella tua attrezzatura PER FORZA. L'artva è quell'apparecchio elettronico che segnala la tua posizione agli altri apparecchi, e permette ai tuoi amici di trovarti se ti fai beccare da una valanga. Permette anche a te di trovare loro, quindi controllare sempre che tutti i sistemi dei presenti siano funzionanti e si rilevino a vicenda.

Una volta trovato il sepolto bisogna tirarlo fuori, intervenendo con la sonda (un lungo bastone retrattile) per determinare posizione precisa e profondità. Da qui si scava con la pala, solitamente in materiali leggeri e scomponibile per poter essere riposta nello zaino, fino al ritrovamento del sepolto. Diventa quindi chiarissimo quanto sia vitale saper utilizzare tutti correttamente questa attrezzatura, dato che soltanto un elemento nel gruppo incapace nell'uso renderebbe pericolosa l'uscita per tutti.

La sicurezza nel backcountry

Oltre alle condizioni climatiche alle quali siete abituati in montagna dovrete sicuramente mettere in conto una variabilità maggiore.
Non ci saranno baite o rifugi ad accogliervi se il meteo peggiora improvvisamente, ed in questi casi l'aiuto migliore che potete darvi è prevedere la situazione ed evitare di trovarvi su creste o punti esposti.
Estremamente pericoloso anche il white-out, quella condizione per la quale, durante intense nevicate o momenti con nebbia improvvisa, tutto appare bianco ed uniforme.
Non avendo nessun riferimento avanzare o tornare indietro è estremamente pericoloso visto che non si ha idea di come sia il terreno sotto i vostri piedi.
 Come per il maltempo, è vitale prevedere ed evitare queste situazioni.
Le valanghe sono un capitolo estremamente complesso e lungo.
La cosa migliore è affidarsi a corsi appositi che consentano di valutare correttamente lo stato del manto nevoso, utilizzando l'andamento del meteo e delle temperature nei giorni precedenti all'uscita.
Una volta consultati i bollettini e scelto una zona con rischio valanghe basso è opportuno essere estremamente attenti nella scelta delle traiettorie di salita e discesa, evitando di passare sotto ad accumuli, punti esposti, valutando a seconda di numerose variabili che si imparano frequentando corsi appositi e con l'esperienza passata da chi è sul campo da più tempo di noi.

Il capitolo sicurezza riguarda anche la nostra preparazione fisica. Trovarsi ad affrontare segmenti impegnativi dopo aver speso tutte le energie in salita non è da augurare a nessuno, per questo è bene prendere le uscite per gradi. Anche le giuste manovre in salita sono da provare in ambiente protetto e sicuro, imparare come effettuare un'inversione o affrontare un traverso è importante prima di trovarsi a dover invertire la rotta su neve poco stabile o con pendenze importanti.

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